Adolescenti, consumo di cola e fratture ossee
Categoria : ortopedia
Data : 30 giugno 2000
Autore : admin
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C’è oggi, a livello nazionale (in U.S.A., N.d.R.), molta preoccupazione riguardo gli effetti del consumo di bevande contenenti bicarbonato di sodio sull’obesità, la carie dentaria, l’osteoporosi e altri problemi di salute. Gli adolescenti hanno raddoppiato o triplicato il consumo di bevande analcoliche e ridotto il consumo di latte di oltre il 40%. Obiettivo di questo studio è stabilire la possibile associazione tra consumo di bevande con bicarbonato di sodio e fratture ossee nelle ragazze adolescenti. Metodi. E’ stato fatto uno studio retrospettivo su 460 ragazze di una scuola superiore (high-school) urbana, della 9a e 10a classe, età media 15 anni e 8 mesi. Le ragazze hanno completato un questionario autosomministrato relativo alla loro attività fisica (valutata mediante una scala a 5 punti: inattività, attività leggera, moderata, alta, vigorosa), al consumo di bevande con bicarbonato di sodio, alla loro storia medica e in particolare su eventuali fratture ossee subite (tipo e sede di frattura, e anno dell’evento). Risultati. In tutto il campione, il consumo di bevande contenenti bicarbonato di sodio e le fratture ossee sono associate: Odds ratio = 3.14 (95% I.C. = 1.45 – 6.78). P = 0.004. In particolare, fra le ragazze attive fisicamente è elevata l’associazione tra consumo di cola e fratture ossee: Odds ratio = 4.94 (95% I.C. = 1.79 – 13.62); P = 0.02. Conclusioni. I risultati riportati confermano riscontri precedenti, ma il meccanismo col quale le bevande a base di cola sono associate a fratture ossee in ragazze fisicamente attive non è stato stabilito né completamente indagato (è stato riferito un aumento del riassorbimento osseo in seguito ad elevata assunzione di fosforo; le bevande a base di cola hanno un elevato contenuto di acido fosforico). Ciononostante, le preoccupazioni riguardo l’impatto delle bevande contenenti bicarbonato di sodio sulla salute delle adolescenti sono supportate dai risultati di questo studio. Amedeo Schipani, da: Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine, giugno 2000
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