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L'uomo e il cancro |
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pag 2
Adesso però è di nuovo spietatamente alla ribalta, mentre entri nel tubo della TC o della risonanza magnetica, sei solo con te stesso e aspetti che l’uomo in camice, che hai davanti, ti dica qual’è la tua sorte; in quei lunghissimi minuti pensi a te stesso, alla famiglia, ai bambini magari ancora piccoli che potresti lasciare soli e con poche risorse. E, saputa la ferale notizia, puoi reagire nei modi più imprevedibili nei confronti degli altri, di chi ti vuol bene e anche di gente che conosci appena; a volte senti il bisogno di dire che hai un cancro, altre volte ti chiudi in un riserbo omertoso che nega la verità quasi anche a te stesso. E poi scattano i pensieri: “Perché proprio a me? Non me lo merito! Che rabbia ! Maledizione!” e, alla luce di queste meditazioni, può fatalmente incrinarsi il rapporto col Trascendente, altre volte, al contrario, esso si rinsalda e il malato affida a Dio la propria sorte, confidando in un aiuto. Comunque sia, nel combattimento individuo-malattia potenzialmente letale, vengono alla luce i lati più riposti del carattere di ognuno, a volte ci si stupisce come persone apparentemente fragili possano, in questi frangenti, tirar fuori energie inaspettate, di contro, persone apparentemente controllatissime possano perdere la testa.
Carlo Carlo era un uomo speciale. Di umilissime origini aveva fatto per anni lo studente lavoratore e alla fine si era laureato brillantemente in Ingegneria. Dopo aver bussato umilmente a molte porte fu assunto da una famosa industria americana che lo fece, per alcuni anni , perfezionare negli Stati Uniti e poi, ancora giovanissimo, lo lanciò come responsabile della filiale europea. Era impossibile non ammirarlo, una figura piccola ma fiera, i capelli scurissimi, il viso mediterraneo, i modi semplici e sbrigativi, una bontà d'animo comune solo a chi ha sofferto molto (è noto che nella sofferenza i buoni diventano più buoni, i cattivi più cattivi). Ero molto sedotto dalla sua persona, oltretutto aveva ammaliato una donna bellissima ed affettuosa, alta buon trenta centimetri più di lui, che gli aveva donato cinque splendidi figli. Lui li adorava e tra un volo intercontinentale e l'altro cercava sempre di fare una deviazione per vederli, le brevi vacanze le passava sempre con loro a rotolarsi sulla spiaggia. Ma il destino gli aveva riservato una brutta sorpresa, una tosse stizzosa che non passava con niente, una macchia sulla lastra ai polmoni: "Dottore è grave ??" " Ma no, approfondiamo" il breve ricovero, microcitoma lo chiamarono. Carlo mi chiese se aveva una qualche probabilità di farcela , era abituato a pensare in quel modo e combattè a lungo praticando dei cicli di chemioterapia, poi un giorno mi disse :" Dottore dalla vita ho avuto tanto, se è finita lo voglio sapere, così sistemo le mie cose per bene". Io sono stato quella frazione di secondo di troppo in silenzio, poi ho balbettato qualcosa, lui però aveva capito, mi ha stretto la mano più a lungo del solito ed è andato via con passo risoluto, mi è parso che scuotesse la testa. Una Beretta ha fatto il resto.
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