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Un vestito a misura d'uomo |
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pag 6
Ressa: Si può dire che un consenso informato, concepito come un mucchio di fogli che il paziente firma senza leggere, è semplicemente una buffonata?
Rossi: Direi di sì. Un malato che si sente ascoltato dal suo medico, informato e coinvolto, porterà ad una relazione meno conflittuale, soprattutto in caso di errori, sempre possibili nella difficile arte della medicina. Si è visto che spesso le cause per "malpractice" vengono intentate non tanto per l'errore in sè ma perché il paziente e/o i familiari si sono sentiti non coinvolti o "trattati male". Quest'estate, durante le vacanze, ho avuto un colloquio con una signora italiana che vive da molti anni in Francia la quale aveva denunciato un cardiologo per la morte del padre per una terapia ritenuta sbagliata: la denuncia (giusta o sbagliata che fosse non so) non era stata fatta per lo sbaglio in sè e per sè (la signora capiva benissimo che anche i medici possono errare) ma perché il cardiologo, dopo la morte del padre, non l'aveva nemmeno ricevuta per esprimerle il suo rammarico, se non le sue scuse. Mi viene in mente un caso personale di alcuni anni fa che mi fece molto riflettere. Arriva in studio una nuova paziente e, senza che io le chiedessi nulla in proposito, mi dice che ha appena cambiato medico perché non era rimasta soddisfatta di quello precedente. Siccome conoscevo il collega e lo reputavo molto preparato risposi che ero sorpreso di questo ma che di errori possiamo farne tutti. La paziente mi interrompe subito. Non aveva cambiato medico a causa di un errore professionale ma per un altro motivo, che lei riteneva molto più grave: avevano dimesso il padre in fin di vita (cancro polmonare metastatizzato) e la famiglia avevano chiamato il medico a domicilio. Costui c'era andato ma aveva affermato che la situazione era quella che era e non c'era spazio per nessuna terapia (cosa che si sapeva benissimo). Quindi non si era più fatto vedere finché il poveretto era morto dopo una settimana. I familiari avrebbero gradito che il medico si fosse fatto vivo (fosse solo per chiedere com'era la situazione e per misurare la pressione al paziente) almeno qualche altra volta, anche se non c'erano terapie o interventi in grado di modificare l'evoluzione della malattia. Sembrano cose banali, che non toccano i medici supertecnologici, alle quali però i pazienti danno molta importanza e che sono in grado di incrinare o rompere relazioni instaurate da anni. I nostri pazienti non hanno le competenze per capire se gli atti tecnici che facciamo sono corretti o meno ma hanno la capacità di giudicare il nostro comportamento umano. Si tratta di una sfida difficile, a cui non siamo stati adeguatamente preparati durante il corso di laurea. Ma non si può correre il rischio di perderla. E' tempo di cambiamenti: gettiamo gli abiti comprati ai grandi magazzini, per vestiti di sartoria più a misura d'uomo!
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