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Le linee guida ed il paziente come unicum |
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Ressa: Prendo le parti dei clinici con approccio classico: il paziente è un "unicum", le linee guida parlano di malattie non di malati, anche perché le molteplici variabili presenti nel singolo soggetto non possono essere tutte previste nei protocolli. Fattori caratteriali, ambientali, socioeconomici, culturali e persino filosofici non possono essere ignorati dal clinico accorto, sopratutto nell'approccio al trattamento del paziente affetto da patologie croniche. Fondamentale quindi il rapporto medico-paziente, uomo a uomo, uniti in un gioco di squadra; la "conoscenza" del malato è fondamentale e aiuta molto. Per questo vedo con estremo scetticismo le recenti teorie che quasi quasi vogliono affermare l'interscambiabilità dei medici perchè tanto ci sono le linee guida che dicono quello che si deve fare. L'arte medica non consiste, solamente, nel dire al paziente ciò che è giusto fare, quel che conta è riuscire a farglielo fare; per ottenere questo si devono usare le "armi" giuste per ogni singolo malato con lo scopo di arrivare al risultato ottimale che spesso è onorevole compromesso, inevitabile data l'esistenza delle variabili individuali suddette. Il buon clinico, per il ben operare, deve essere, quindi, in possesso di una estrema flessibilità; egli, a parità di patologia, ma con pazienti tutti diversi, può usare approcci differenti che in alcuni casi possono valersi di tattiche apparentemente minimali le quali, però, fanno parte di una strategia complessiva che si svilupperà nell'arco di mesi (il tempo di convincere il paziente, la tattica di "mano nella mano"); altre volte è invece più adatto un approccio brusco diretto, altre ancora una miscela dei due precedenti approcci. Un dinamismo continuo nel percorso comune tra il paziente e il suo medico.
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