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Vecchi e nuovi antiperstensivi pari sono
Inserito il 04 dicembre 2005 alle 18:15:00 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
end point primario
Come nella maggior parte delle sperimentazioni gli autori hanno utilizzato come outcome primario un outcome composito al fine di aumentare il rischio assoluto dell' evento osservabile in condizioni basali. Ciò aumenta l' efficienza statistica della ricerca in quanto arruolare pazienti ad alto rischio può consentire di rilevare una differenza maggiore tra un braccio e l' altro e rendere quindi possibile -a parità di potenza- il reclutamento di campioni meno numerosi rispetto a quelli necessari per analizzare l' incidenza dei singoli outcome presi da soli (5). Nella fattispecie nello studio ASCOT-BPLA era stato previsto di reclutare 18000 pazienti per dimostrare differenze del 16% tra i due bracci i termini di riduzione relativa di rischio. Il campione randomizzato (19342 pazienti) era ampiamente sufficiente a dimostrare questa differenza, che nei fatti non è stata rilevata. Gli autori si appellano al fatto che l' interruzione precoce della sperimentazione non ha concesso di rilevare un numero di 247 eventi che avevano invece ipotizzato di rilevare completando il follow-up secondo protocollo. Si può obiettare però che questo è un problema comune alla maggior parte dei i trial in cui per ragioni etiche o di altro genere la sperimentazione viene interrotta precocemente. Gli autori invece hanno basato le proprie conclusioni sull' analisi degli end-point secondari, enfatizzando come alternativa alla "mancata dimostrazione di significatività" dei risultati che riguardano l' outcome primario la "significatività" dei risultati rilevati per gli outcome secondari. L' analisi degli end-point secondari dovrebbe essere -più correttamente- utilizzata come valore aggiunto a supporto delle conclusioni ricavate dall' analisi dell' end-point primario (7) oppure - al limite- per generare ipotesi di lavoro (2). Le conclusioni degli autori rispecchiano quindi in modo paradigmatico quello che il dott. Moyè ha definito nel 1999 'nascondere la zia scema in soffitta', essendo ' la zia scema* rappresentata dai risultati riscontrati per l' outcome primario (1). Una lettura corretta del trial avrebbe dovuto invece rispondere a questa domanda: "l' ipotesi primaria dello studio è stata soddisfatta"? .Il trial era stato architettato per rispondere al preciso quesito: "il trattamento con amlodipina (ed eventualmente con pirendopril) porta ai pazienti ipertesi vantaggi in termini di riduzione della incidenza di morti coronariche e infarti non fatali rispetto al trattamento a base di atenololo (ed eventualmente con bendroflumetazide". In base ai risultati riportati la risposta è : no, in quanto i valori degli intervalli di confidenza della stima dell' Hazard Ratio variano per l' outcome primario da 0.79 a 1.02 (P=0.1052).
 
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