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Prevenire è meglio che curare? |
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pag. 3
“Fosse cosi’, sarebbe tutto così semplice”, afferma, rassegnato e un po’ stizzito, il dottor Pensa. “E’ vero che il razionale dello screening oncologico si basa sulla presunzione che scoprire anticipatamente un tumore dia più possibilità di trattarlo. In realtà per alcune neoplasie (per esempio i tumori prostatici) lo screening porta solo ad una anticipazione della diagnosi ma non ad un reale beneficio in termini di riduzione della mortalità ed è di questa che dobbiamo parlare, sulla sopravvivenza bisognerebbe intendersi !”
“Mah !”, sbotta Ebiemme “anche campare qualche anno di più non mi dispiacerebbe!”
Il dottor Pensa, sempre più stizzito “Su questo dobbiamo spiegarci bene e, per farlo, dobbiamo pensare alle particolari caratteristiche evolutive di alcuni tumori, cioe’ alla loro storia naturale, in alcuni casi, infatti, scoprirli in una fase preclinica precoce (anche di alcuni anni) è ininfluente sulla prognosi. Un esempio servirà a chiarire questo aspetto: supponiamo che un certo tipo di tumore si sviluppi all'età di 50 anni e che le sue caratteristiche evolutive siano tali per cui metastatizza subito, quando è ancora di dimensioni ridotte, per sue peculiarità intrinseche. Supponiamo ancora che queste metastasi rimangano nascoste e asintomatiche per 15 anni e poi comincino a svilupparsi autonomamente e portino al decesso del paziente dopo 5 anni. Un paziente che si sottopone allo screening avrà una diagnosi precoce, per esempio gli sarà scoperto il tumore a 58 anni, le metastasi diventeranno clinicamente evidenti a 65 anni e la morte avverrà a 70 anni. Al contrario, in un paziente che non si sottopone allo screening la diagnosi avverrà più tardivamente, per esempio a 61 anni, le metastasi si renderanno evidenti a 65 anni e la morte avverrà sempre a 70 anni.
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