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Il certificato malattia ai fini lavorativi in assenza del medico di famiglia: a chi tocca?
Inserito il 28 settembre 2004 alle 23:56:28 da admin. Stampa Articolo | Stampa Articolo in pdf
prognosi lavorativa
La "prognosi lavorativa"
I certificati stilati su modulario non regolamentare (vale a dire su carta intestata del medico o dell' Ospedale) riportano generalmente (benche' la legge, come abbiamo visto, richieda una "specifica" certificazione) una prognosi non esplicitamente determinata: non e' possibile, cioe', riconoscere presuntivamente se su un certificato "bianco" la prognosi indicata sia "lavorativa" o esclusivamente "clinica".
Trattandosi di certificazioni effettuate in deroga alla norma generale, esse vengono quindi considerate dall' INPS, salvo diversa specificazione, "presuntivamente cliniche".
L' Ente richiede quindi, per una "validazione automatica", che gli estensori (ad es. le strutture di P.S.) completino i certificati di loro pertinenza (9) specificando se venga ravvisata un' eventuale prognosi lavorativa.

Poiche' anche tali disposizioni vengono, per abitudine, ignorate, sono state adottate una serie di misure vicarianti: l' INPS ha stabilito di riconoscere comunque come valida, ai fini lavorativi, la certificazione di P.S. per il giorno della prestazione, purche' contenente le generalita' dell' interessato, la data, la firma leggibile del medico e la diagnosi (10). Non e' necessario, per il solo giorno della prestazione, che sia riportata una prognosi: il certificato di PS e' comunque valido per un giorno ai fini lavorativi.
Qualora il certificato di PS indichi invece una prognosi successiva ( non specificandone la tipologia) sara' incarico del medico dell' INPS valutarne, in base alla diagnosi, la congruita' ai fini lavorativi (11).
Qualora poi il certificato sia manchevole di alcuni dei dati essenziali, la sua correzione e/o integrazione va richiesta direttamente ed esclusivamente al medico compilatore (12). La pretesa di esigere la compilazione (nei giorni successivi) di un certificato da parte del Medico di Famiglia che sostituisca e integri quello del P.S. appare palesemente illegittima ( anche a non voler considerare la circolare INPS 99/96) a norma della legge 33/80, che verrebbe violata nel suo enunciato " il medico curante redige in duplice copia e consegna al lavoratore il certificato di diagnosi e l’attestazione sull’inizio e la durata presunta della malattia.
E' evidente come non sia possibile per un medico che intervenga in tempi successivi, all' oscuro dell' obiettivita' e degli eventuali accertamenti effettuati in Pronto Soccorso, certificare correttamente e con cognizione diretta "la diagnosi, l' inizio e la durata presunta della malattia" come comparivano dal primo giorno. Questo medico puo' legittimamente certificare solo quanto derivi dalla sua visita diretta, restando il periodo precedente solo nell' ambito delle nozioni "riferite" e quindi certificabili solo come tali. Per alcune categorie di lavoratori (ad es. i turnisti) questo aspetto porta una serie di complicazioni non indifferenti.

 
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