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Ipertensione - inquadramento diagnostico
Inserito il 14 febbraio 2006 alle 19:29:00 da R. Rossi. | stampa in pdf | Commenta questo capitolo | Consulta il tutorial pdf su come navigare il manuale al meglio
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Ressa:
Domanda provocatoria: “E’ difficile diagnosticare l'ipertensione?”

Rossi:
La domanda non è provocatoria.
Secondo alcuni autori circa il 20-25% dei pazienti in trattamento antipertensivo può sospendere la terapia senza che vi sia un rebound [3]. Addirittura questa percentuale sale al 47% se si considerano i pazienti in trattamento con un solo farmaco[4].

Ressa:
Quindi non erano “veri” ipertesi...

Rossi:
Secondo me, due sono le possibilità: o sono soggetti erroneamente diagnosticati come ipertesi dai loro medici curanti oppure persone che, in un qualche momento della loro vita, hanno manifestato una reazione di tipo ipertensivo a stimoli stressogeni, cessati i quali sono ridiventati normotesi.
Vi è da chiedersi anche se questo non sia però un segno di predisposizione che indica il probabile sviluppo di una ipertensione stabile in futuro.
La difficoltà di definire se un paziente è veramente iperteso dipende, quindi, da una serie di fattori.
Anzitutto la pressione arteriosa è un parametro biologico estremamente variabile che può essere influenzato da numerose situazioni (sforzi fisici, stati emotivi, febbre, malattie intercorrenti, esposizione al caldo o al freddo ecc.).

Ressa:
Va bene, ma, insomma, qual è la “vera” pressione che fa danni?

Rossi:
La pressione correlata con le complicanze non è tanto quella "occasionale" ma quella "basale". Possiamo, in modo molto semplificato, definire la pressione basale quella "solita" per quel determinato soggetto.
 
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