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Cardiopatia ischemica |
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pag 18
Rossi: Si avvale delle misure che già sono state esposte nel capitolo sul rischio cardiovascolare e che hanno dimostrato di ridurre il rischio di nuovi eventi. Basterà qui solo brevemente ricordarle: 1. Modificazioni dello stile di vita: abolizione del fumo, alimentazione corretta, ridurre il peso corporeo se BMI > 25, esercizio fisico regolare; in assenza di un corretto stile di vita i benefici della terapia farmacologica vengono ridotti se non annullati, ed è quindi importante far comprendere ai pazienti quanto siano importanti, anche se sembra che i nostri sforzi siano in molti casi vani (vedi gli studi EUROASPIRE citati nel capitolo sul rischio cardiovascolare).
Ressa: NESSUN TRATTAMENTO, ANCHE POLIFARMACOLOGICO, DIMINUISCE IL RISCHIO DI NUOVI EVENTI CARDIOVASCOLARI COME LA STRETTA OSSERVANZA DI UN CORRETTO STILE DI VITA.
Rossi: Per le altre misure ricordiamo l’acronimo A B C D O (aspirina, beta bloccanti, colesterolo, diabete, omega 3) 2. Antiaggreganti: aspirina (di solito 75-150 mg/die) o in alternativa ticlopidina per chi non tollera o ha controindicazioni all'asa. Nei pazienti che hanno avuto una SCA si usa associare asa e clopidogrel (quest'ultimo per 9-12 mesi secondo le linee guida). In pazienti particolari si può usare il warfarin (IM anteriore esteso con grave compromissione della cinetica ed elevato rischio di eventi embolici,in presenza di trombi intracavitari, fibrillazione atriale, pregressi eventi embolici). L'opportunità di usare il warfarin va valutata in accordo con il cardiologo. 3. Trattamento ottimale dell'ipertensione. Negli infartuati i farmaci di prima scelta sono i betabloccanti e gli aceinibitori ma ovviamente si possono associare tutti i farmaci necessari ad arrivare ad un controllo ottimale della pressione (vedi il capitolo sull'ipertensione). 4. Riduzione del colesterolo. Le linee guida consigliano di arrivare a valori di colesterolo totale < 190 mg/dL e di LDL < 100 mg/dL. Direi però che valori di LDL attorno a 110-120 possono ritenersi accettabili e che il raggiungimento di valori più bassi espone il paziente alla necessità di usare dosi molto elevate di statine, con tutti i rischi conseguenti. 5. Trattamento molto accurato del diabete, non accontentandosi di equilibri discreti. 6. I betabloccanti dovrebbero essere usati negli infartuati anche se non vi è ipertensione; così pure gli aceinibitori in presenza di IM esteso o disfunzione ventricolare sinistra; se i betabloccanti non possono essere usati per intolleranza o controindicazioni si usano verapamil o diltiazem (se la FE è normale). Gli aceinibitori vengono proposti anche nel coronaropatico non iperteso e senza segni di disfunzione ventricolare sinistra sulla base degli studi HOPE ed EUROPA, anche se nei pazienti a basso rischio probabilmente non c'è da aspettarsi risultati eclatanti (studio PEACE). 7. Acidi grassi omega 3 nei pazienti infartuati (riduzione del rischio di morte aritmica).
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