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Scompenso cardiaco |
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pag 17
Ressa: E lo scompenso diastolico?
Rossi: Lo scompenso cardiaco diastolico dal punto di vista clinico è indistinguibile da quello da disfunzione sistolica ma l'ecocardiogramma mostra una frazione di eiezione conservata. Per questo motivo questa condizione viene definita anche come scompenso con frazione di eiezione conservata. Colpisce più spesso soggetti anziani e sono preferite le donne. Contrariamente a quanto si riteneva, questo tipo di scompenso non ha una prognosi migliore di quello da disfunzione sistolica [36,37]: la mortalità ad un anno è del 20%-30%, mentre a 5 anni arriva al 65%. In uno studio [38] in pazienti con scompenso cardiaco si è visto che nel 55% dei casi la funzione ventricolare sinistra era conservata e che una disfunzione diastolica isolata era presente nel 44% dei casi. La mortalità a 6 mesi era del 16% sia nei pazienti con disfunzione sistolica che in quelli con disfunzione diastolica. In un altro studio in soggetti ospedalizzati per scompenso acuto si è visto che la mortalità intra-ospedaliera e dopo la dimissione era più bassa in chi aveva una pressione arteriosa sistolica più elevata al momento del ricovero, indipendentemente dalla funzionalità del ventricolo sinistro: la mortalità era circa 4 volte più elevata in chi aveva una PAS < 120 mmHg rispetto a chi aveva una PAS > 161 mmHg [39]. Questi dati confermano quindi che lo scompenso diastolico non deve essere considerato una condizione meno rischiosa dello scompenso sistolico. La terapia è largamente basata sull'opinione di esperti: in effetti non esistono per ora RCT che abbiano valutato quale siano i trattamenti di scelta nello scompenso diastolico. Vi è solo un braccio dello studio CHARM, il CHARM-preserved [18], in cui sono stati arruolati pazienti con frazione di eiezione > 40% con/senza aceinibitore, randomizzati a placebo o candesartan: non si ebbe alcuna differenza per quanto riguarda l'end-point primario (morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco); la frequenza dei ricoveri per scompenso era più bassa nel gruppo candesartan ma non raggiungeva la significatività statistica. Uno studio sul perindopril [40] non permette di trarre conclusioni sia perchè non aveva la potenza statistica inizialmente pianificata sia perchè vi è stata una elevata percentuale di soggetti che ha violato il protocollo sospendendo il trattamento e iniziando ad assumere un aceinibitore: potrebbe esserci una riduzione dei ricoveri per scompenso ed un miglioramento della sintomatologia ma, stante questi vizi metodologici, il dato va interpretato con prudenza. Un altro studio sui beta-bloccanti [41] è di tipo osservazionale, su una casistica limitata a qualche centinaio di pazienti e i due gruppi non erano stati preventivamente suddivisi in modo randomizzato. Comunque esso suggerisce che i beta-bloccanti potrebbero ridurre la mortalità. Per ora, quindi, non abbiamo dati affidabili per raccomandare terapie particolari. La terapia di scelta sembra basarsi su aceinibitori, sartani, diuretici e betabloccanti [33]. Si ritiene che la digitale sia controindicata (o che comunque vada usata con molta cautela) perché l'effetto inotropo positivo potrebbe peggiorare la disfunzione diastolica e un' analisi ancillare recente del Digitalis Investogation Group (Studio DIG) evidenzia come la digoxina non riduca la mortalità nè abbia effetti su altri outcomes nel sottogruppo di pazienti con scompenso diastolico[42]; anche i duretici dovrebbero essere prescritti con una certa attenzione per la possibile riduzione della portata cardiaca. I calcioantagonisti diidropiridinici a lunga durata d'azione potrebbero essere farmaci di seconda scelta da usare negli ipertesi se i beta-bloccanti sono controindicati.
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