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L'uomo e il cancro |
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pag 1
I cancri sono più di cento (considerati i vari sottotipi), della massima parte di essi non conosciamo le cause scatenanti e quindi i fattori di rischio. Abbiamo elaborato dei modelli biologici che tengono conto del corredo genetico e dei vari fattori oncogeni conosciuti, ma non sappiamo fino in fondo il perché una data cellula “deragli” così tanto da prendere una sua strada e da imporre la sua macabra “dittatura”, sottomettendo spesso un intero organismo al suo “potere“ e, alla fine, uccidendolo. Malgrado questa ignoranza di base, dal punto di vista pratico sono stati fatti consistenti progressi riguardo la sopravvivenza dei malati di cancro e anche le percentuali di guarigione definitiva stanno salendo. Di conseguenza è cambiato anche l’approccio mentale alla malattia, se fino a pochi anni orsono la parola “cancro” non si sentiva mai nei colloqui medico-paziente e ci rifugiava in perifrasi varie, ora, con i dovuti modi che la civiltà mediterranea vuole comunque lontani dall’anglosassone “Sorry, you have a cancer”, si riesce alla fine a parlarne. Il paziente comincia a rendersi conto, quasi sempre, che non è detto che tocchi sempre agli altri questa triste eventualità e che, allungandosi la vita, il brutto incontro può accadere anche a lui; contemporaneamente, sa anche che, spesso, ne può uscire vincitore. E’ chiaro che sta al medico far scattare i meccanismi giusti nel singolo paziente e per far ciò la conoscenza del medesimo è fondamentale: a ognuno di noi la stessa cosa va detta in modo diverso. Devo dire che, complessivamente, vedo sempre meno disperazione, io di solito cerco di creare un’alleanza ferrea tra la mia persona e il malato di cancro, parlo sempre al plurale, tipo “Ce lo togliamo, facciamo questo e quest’altro”, chiamo sempre il malato canceroso “legionario” (per evocare le gesta dei mitici indomabili romani), spesso paragono i 100 cancri a 100 carte e dico al paziente che se mi avesse chiesto di sceglierne una avrei consigliato il tipo di cancro che gli è capitato; sono piccole cose ma aiutano (almeno lo spero). E’ chiaro che, in questi frangenti, il paziente si pone il problema vita-morte e, se è vero che questo angoscia i più, dall’età della ragione in poi, viene spesso compresso dal tran tran quotidiano che favorisce i fenomeni di rimozione.
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