Ressa: Passiamo ora al caso di un viaggiatore che, di ritorno da un soggiorno in un paese a rischio, ci consulti per la comparsa di qualche sintomo. Quali sono le evenienze più comuni?
Rossi: Direi che sono la febbre e la diarrea.
Ressa: Cosa dobbiamo pensare di fronte ad un paziente con recente viaggio in paesi a rischio che presenti febbre?
Rossi: Le tre cause più frequenti sono: epatite, febbre tifoide e malaria. A quest'ultima è bene pensare sempre, anche se è stata fatta la profilassi, in quanto questa riduce ma non azzera il rischio. Purtroppo non sempre la diagnosi o il sospetto sono tempestivi...
Ressa: Il caso del povero Coppi insegna...ovviamente esiste anche l’eventualità opposta: ricordo un giovane paziente rientrato da località ad alto rischio con diarrea profusa che era dovuta a un morbo di Crohn.
Rossi: La malaria rappresenta una vera e propia urgenza medica, la terapia deve essere il più precoce possibile. Ricordo che può insorgere anche a distanza di 3-4 mesi e addirittura fino ad oltre un anno dal soggiorno in area a rischio e, se non risonosciuta in tempo, può essere mortale. In caso di sospetto non si deve perciò esitare ad inviare il paziente ad un centro di malattie infettive o di malattie tropicali (se ve n'è uno vicino). La diagnosi si basa sulla individuazione del plasmodio tramite emoscopia, cioè l'esame microscopico del sangue alla ricerca dei parassiti della malaria (da ripetere più volte se negativo e i sintomi sono sospetti) oppure sull'utilizzo di un test rapido per P. Falciparum o della PCR. E' opportuno che la terapia sia instaurata da un medico esperto.