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Un paziente che non potrò dimenticare
Inserito il 16 gennaio 2006 alle 14:34:00 da G. Ressa. | stampa in pdf | Commenta questo capitolo | Consulta il tutorial pdf su come navigare il manuale al meglio
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Dentro c’era un foglio:

«Caro Giuseppe, quando leggerai queste righe io non ci sarò piú. Te le scrivo prima che il mio cervello cessi di ragionare. Voglio togliermi un rimorso che mi ha assillato in questi ultimi e dolorosi mesi.
Ho visto che eri molto turbato dalla piega che stavano prendendo le cose e ho molto sofferto per questo.
In questi lunghi anni di frequentazioni, ho avuto modo di apprezzare la tua intelligenza finissima e il tuo animo ancora non contaminato dalle brutture di questo mondo.
Vedi, io ho avuto una vita difficile perché purtroppo fin da ragazzo ho sentito delle pulsioni strane. Le ragazze non mi piacevano, e provavo attrazione per i compagni di classe.
Ai miei tempi era una cosa disdicevole, per cui ho cercato sempre di circondarmi di belle donne, per ingannare il prossimo. Qualcuna mi ha voluto bene; altre mi hanno solo sfruttato.
Ho avuto esperienze anche con uomini volgari e rozzi che hanno mortificato la mia anima, ma purtroppo non riuscivo a resistere; poi però me ne vergognavo e piangevo.
Tu, come al solito, avevi capito tutto, e mi avevi fatto fare il test per l’AIDS; io però avevo un amico analista che mi ha dato la ferale notizia, e allora ho fatto la cosa piú riprovevole della mia vita: ho rubato un foglio intestato del laboratorio e ho scritto “negativo”. Tu mi chiederai perché. Io ti dico che mi vergognavo a morte di doverti confessare le mie miserie, anche se avevo capito che avevi dei sospetti.
Vedi, io ti ho sempre visto come il figlio che non ho mai potuto avere, e non avevo il coraggio di confessarti queste mie debolezze per non rovinare l’immagine che tu ti eri creato della mia persona.
Ti chiedo ancora umilmente scusa, e ti abbraccio da qui, sperando che tu possa avere nella vita tutte le soddisfazioni che meriti.»

Dopo qualche anno mi sceglie, come medico, un giovanissimo architetto; il discorso cade sugli studi liceali e, venuto a conoscenza dell’istituto frequentato dal giovane, gli chiedo se avesse avuto come professore di disegno ****, al che lui mi risponde: “ Ma certo! Il professor “ FRU’ FRU’ ”.
 
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