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La statistica in medicina |
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Ressa: In qualche modo a questo limite cerca di porre rimedio la randomizzazione: i soggetti partecipanti allo studio vengono assegnati ai due gruppi in modo del tutto casuale affinché fattori di rischio noti e non noti siano distribuiti equamente (vedi capitolo sull'EBM). Se non si ricorresse all'artificio della randomizzazione può per esempio succedere che la maggior parte dei soggetti diabetici, infartuati o con altra patologia finisca in uno solo dei due gruppi, creando uno squilibrio che indebolirebbe i risultati dello studio.
Rossi: E se mi facessi un esempio?
Ressi: Prendiamo uno studio che si propone, ad esempio, di testare l’efficacia dell’aspirina, nella prevenzione dell’infarto,in pazienti affetti da cardiopatia ischemica. Li dividiamo in due gruppi randomizzati e quantitativamente sovrapponibili (il gruppo dei trattati lo chiamiamo T, il gruppo di controllo lo chiamiamo C). Alla fine del tempo di osservazione che ci siamo posti, ad esempio cinque anni, confrontiamo i risultati tramite tre indicatori principali di valutazione: RIDUZIONE DEL RISCHIO ASSOLUTO (ARR: absolute risk reduction), RIDUZIONE DEL RISCHIO RELATIVO (RRR: relative risk reduction), NNT (number needed to treat, cioè il numero di pazienti da trattare con l’aspirina affinché almeno uno di loro ottenga il risultato sperato, cioè la prevenzione dell’infarto). Noi li abbiamo chiamati indicatori per usare un termine facilmente comprensibile ma in gergo tecnico ARR, RRR ed NNT vengono definiti misure di efficacia.
Rossi: Comincia a spiegare meglio, ho le idee confuse al riguardo…
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