Ricerche bibliografiche e trasferibilità degli studi
pag 3
Ressa. Ci sono altri punti da considerare?
Rossi: Si, la completezza e la qualità del follow-up. Il follow-up deve essere abbastanza lungo rispetto all'end-point che ci si propone di valutare (per esempio se si vuol valutare l'efficacia di un farmaco antipertensivo nel ridurre la frequenza di eventi cardiovascolari è necessario prevedere un follow-up di qualche anno altrimenti i benefici del trattamento potrebbero non essere evidenti). Inoltre bisogna stabilire se l'analisi dei dati è stata fatta secondo l'intenzione a trattare (cioè valutando i pazienti in base al gruppo cui erano stati destinati) oppure per protocol (valutando i pazienti in base al trattamento effettivamente assunto) e quanti sono i pazienti persi al follow-up. Per esempio nello studio ISIS 2 (che valutava l'efficacia dell'aspirina nell'infarto) più di un quarto dei pazienti era persa al successivo follow-up. In questi casi, secondo alcuni autori, bisognerebbe considerare i drop-outs nel gruppo in trattamento come deceduti e quelli del gruppo controllo come viventi. Se si applica tale approccio (troppo drastico?), i benefici dell'aspirina scompaiono.Da ultimo la validità interna di un trial deve considerare la numerosità del campione. Solo una numerosità adeguata del campione permette allo studio di avere una certa potenza statistica. Tralasciamo altri aspetti importanti ma estremamente tecnici come per esempio la misclassificazione degli end-point, di cui accenneremo comunque nei capitoli sugli screening oncologici.
Ressa: Mi sembra tutto comprendibile a parte la faccenda della “intenzione a trattare”. Non ci ho capito nulla!
Rossi: Troppo lungo da spiegare. Ti basti sapere che uno studio in cui l'analisi dei dati non è stata fatta con questo metodo può essere fuorviante.
Ressa: Parlavi anche della validità esterna... Ma, dico io, non si possono usare termini più comprendibili?