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L’innovazione terapeutica dei nuovi farmaci |
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Criteri di valutazione
Per l’attribuzione del grado di innovazione terapeutica ai farmaci appartenenti a ciascuna delle tre classi della gravità della malattia bersaglio si considerano: la disponibilità di trattamenti preesistenti l’entità dell’effetto terapeutico. Ciascuno di questi parametri presenta tre possibili opzioni in ordine decrescente di importanza. Dalla combinazione dei diversi punteggi si può attribuire il grado di innovazione terapeutica di una nuova molecola, come descritto nell’immagine di seguito riportata.
I punteggi per la disponibilità di trattamenti preesistenti sono:
farmaci per il trattamento di patologie finora prive di adeguato trattamento (è il caso di molti farmaci orfani per il trattamento di malattie rare) o destinate a sottogruppi di pazienti portatori di controindicazioni assolute (sezione 4.3 della scheda tecnica) all’uso dei farmaci già in commercio e per i quali i nuovi farmaci rappresentino l’unica opzione terapeutica praticabile; farmaci destinati al trattamento di malattie in cui sottogruppi di pazienti sono resistenti o non responsivi alle terapie di prima linea (è il caso dei farmaci anti-HIV o di alcuni antitumorali); farmaci per il trattamento di malattie per le quali esistono trattamenti riconosciuti. Per assicurare un riconoscimento ai nuovi farmaci destinati al trattamento di malattie per le quali esistono già trattamenti disponibili ma che potessero presentare vantaggi rispetto alle terapie già esistenti, il punteggio C è stato ulteriormente suddiviso in tre sottogruppi, anch’essi in ordine decrescente di importanza:
C1: farmaci più efficaci o sicuri o con migliore profilo farmacocinetico rispetto a quelli esistenti; C2: semplice innovazione farmacologica: ad esempio, farmaci con un nuovo meccanismo d’azione ma con un ruolo in terapia sovrapponibile a quelli esistenti; C3: semplice innovazione tecnologica: ad esempio, nuove entità chimiche o prodotti ottenuti per via biotecnologica ma con un ruolo in terapia sovrapponibile a quelli esistenti. In una prima applicazione di questo metodo ai farmaci EMEA, e per non penalizzare farmaci simili che venivano autorizzati in tempi di poco posteriori ai capostipiti di una data classe, si è considerata una cosiddetta “finestra di innovatività” di 3 anni, ovvero, nel caso di commercializzazione di un congenere di un farmaco capostipite giudicato innovativo, si è attribuito pari grado di innovatività (quanto al punto 1 succitato) ai congeneri autorizzati nel periodo di 3 anni immediatamente successivo all’autorizzazione del capostipite. Un periodo superiore ai 3 anni collocherebbe il congenere tra le innovazioni tecnologiche o farmacologiche, poiché riguarderebbe un ambito terapeutico a quel punto già adeguatamente coperto. I punteggi per l’attribuzione dell’entità dell’effetto terapeutico sono:
benefici maggiori su end-point clinici (riduzione della mortalità e della morbilità) o su end-point surrogato validati ; beneficio parziale sulla malattia (end-point clinici o surrogato validati) o evidenze limitate di un beneficio maggiore (risultati non conclusivi); beneficio minore o temporaneo su alcuni aspetti della malattia (ad esempio, sollievo sintomatico parziale in una malattia grave). Come si evince dall’immagine in basso, il grado di innovazione, sia esso importante, moderato o modesto, può essere raggiunto mediante diverse combinazioni di punteggi relativi ai trattamenti preesistenti e all’effetto terapeutico. Si sente comunque la necessità di un approfondimento riguardante la definizione e una esemplificazione dettagliata dei benefici clinici da considerare maggiori, parziali e minori, e dei rispettivi end-point, come pure un approfondimento riguardante una individuazione delle malattie che richiedono ulteriori progressi in terapia.
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