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Il rischio cardiovascolare |
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Ressa: E allora gli studi che hai citato prima dove hanno usato dosi elevate di statine?
Rossi: Adesso ci arrivo. Una eccezione ai nostri commenti può essere rappresentata dai pazienti con sindrome coronarica acuta: come già detto nello studio PROVE-IT 80 mg di atorvastatina hanno ridotto l'end-point combinato (morte da ogni causa ed eventi cardiovascolari) in misura maggiore di 40 mg di pravastatina. Tuttavia questo dato merita di essere confermato da altri studi perché in contrasto sia con lo studio HPS che con quello di Zhou. C'è l'altro studio, il TNT (Treating New Targets), che suggerisce che nei pazienti coronaropatici stabili 80 mg di atorvastatina sono superiori a 10 mg dello stesso farmaco nel ridurre gli eventi cardiovascolari. Tuttavia lo studio aveva una fase di 8 settimane in erano stati selezionati i pazienti che meglio rispondevano al farmaco, e per di più aveva ben 18 criteri di esclusione (tra cui età > 75 anni, diabete o ipertensione poco controllati, malattie valvolari, gastrointestinali, epatiche o renali, una frazione di eiezione < 30% ), per cui non è chiaro se i suoi risultati si possano estendere a tutti i soggetti con cardiopatia ischemica. Inoltre, particolare da non trascurare, ad una diminuzione degli eventi CV non corrispondeva una diminuzione della mortalità totale per un aumento dei decessi da altre cause. Per finire lo studio IDEAL [46] ha dato risultati negativi sull’end-point primario.
Ressa: In conclusione mi sembra che in molti casi non sia importante quale statina usare, diventa perciò utile scegliere la statina considerando il costo. Passiamo ai diabetici.
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