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Il rischio cardiovascolare |
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Ressa: Come calcolare il rischio?
Rossi: Bella domanda: come possiamo calcolare il rischio? Come possiamo indovinare il futuro? Mi dirai: facile, usa la sfera di cristallo delle carte elaborate dalle società scientifiche, non hai appena detto che derivano da ampi studi di popolazione? La faccenda non è così semplice. Anzitutto queste carte possono sottostimare il rischio perché non tengono conto di importanti variabili come la familiarità, il BMI, la sedentarietà, l'ipertrofia ventricolare sinistra, il colesterolo HDL, conosciuto come colesterolo "buono" (ormai lo sanno anche i sassi che più è alto e meglio è); inoltre possono sottostimare il rischio nei diabetici.
Ma vi sono altri problemi: le carte non tengono conto di una riduzione del rischio ottenuta con alcuni interventi farmacologici (per esempio un paziente che a parità di condizioni basali assume aspirina ha un rischio inferiore a quello di un paziente con le stesse caratteristiche ma che non la assume) o se un dato valore di pressione è "naturale" oppure ottenuto con farmaci antipertensivi (perché il rischio è maggiore nel secondo caso).
Ad alcuni di questi problemi cercano di rimediare i software messi a punto dalle varie società scientifiche che permettono l'inserimento di dati non previsti dalle carte, come per esempio una ipertrofia ventricolare sinistra, o i valori del colesterolo HDL o se il paziente è in terapia antipertensiva [1].
Ressa: Quali carte usare? Presumo che ogni popolazione ne abbia una sua.
Rossi: Il problema principale è proprio questo: quale sistema usiamo per calcolare il rischio? Se usiamo le carte elaborate su popolazioni anglosassoni o nordamericane abbiamo una sovrastima perché quei popoli hanno una frequenza di malattie cardiovascolari molto più elevata della nostra. Per questo motivo le Società Europee hanno messo a punto due tipi di carte, definite SCORECARD [2]: la SCORECARD per i paesi nordici e la SCORECARD per i paesi mediterranei. Però le SCORECARD hanno introdotto un nuovo elemento di complessità calcolando il rischio di eventi cardiovascolari fatali (elevato se > 5% a 10 anni) mentre le altre carte calcolano il rischio di eventi cardiovascolari totali (fatali e non). Le linee guida americane [3], per decidere la somministrazione di una statina, adottano un miscuglio (io la chiamo insalata mista) di clinica, carte del rischio (usando quelle di Framingham) e valori di colesterolo LDL: i pazienti con coronaropatia nota, diabete, arteriopatia periferica o ictus devono avere un LDL < 100 mg/dL; negli altri casi si calcola il rischio tramite le carte: se < 10% l'LDL deve essere inferiore a 160 mg/dL, se compreso tra 10% e 20% l'LDL deve essere inferiore a 130 mg/dL, se il rischio è > 20% l'LDL deve essere inferiore a 100 mg/dL. In Europa invece si consiglia, tout court, una statina per rischi > 20% a 10 anni: si tratta di una soglia arbitraria, non da tutti condivisa. Alcuni propongono di ridurla al 15%, altri di portarla al 30% dove i servizi sanitari hanno budget limitato, di ridurla al 15-20% laddove i servizi sanitari hanno risorse più cospicue.
Ressa: Mi è venuta un’emicrania, passo senz’altro al capitolo corrispondente.
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