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Lo screening mammografico |
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Rossi: Le prove di efficacia della mammografia sono dunque dibattute e controverse, e in ogni caso, se non deboli, comunque probabilmente sopravvalutate. Secondo dati della stessa USPSTF (che ricordo è nettamente a favore dello screening) si risparmia un decesso da cancro mammario ogni 1000-1500 donne screenate a seconda si tratti rispettivamente di donne anziane o più giovani. E' tanto, è poco? Credo che ognuno di noi abbia una risposta diversa. Bisogna inoltre tener conto degli effetti avversi dello screening inclusi i falsi positivi che richiedono una biopsia, l’ansia di sottoporsi a continui accertamenti per lunghi periodi anche in caso di patologie benigne, la diagnosi eccessiva di carcinoma duttale in situ. Si tratta di aspetti non secondari e che finora non sono stati adeguatamente studiati.
Ressa: Mi pare che la discussione stia pericolosamente scivolando sulle conclusioni dello screening per il cancro del colon!
Rossi: Il fatto è che probabilmente c’è un beneficio nel ridurre la mortalità specifica cominciando lo screening a 50 anni (e forse a partire dai 40 anni, ma l'effetto è minore) ma ci sono anche significativi effetti avversi e nessun beneficio dimostrato sulla mortalità totale. E' anche vero che la mortalità da cancro mammario rappresenta solo circa il 4% della mortalità totale e quindi è difficile che studi, pur ampi, riescano a dimostrare un beneficio su questo end-point. Secondo alcuni commentatori sarebbe in gioco invece il cosiddetto bias di misclassificazione diagnostica, di cui abbiamo già parlato nel capitolo generale dedicato alla prevenzione oncologica. Un altro punto da considerare è che non sappiamo quale sia l’intervallo ottimale tra un esame e l’altro e quando smettere di screenare. Se ammettiamo che lo screening riduce la mortalità specifica di circa un terzo e anche se questa riduzione è enorme quando moltiplicata per milioni di donne, la probabilità di un beneficio per la singola donna è piccola. A 60 anni una donna ha un rischio medio di morire per una neoplasia mammaria nei prossimi 10 anni dello 0,9%, una riduzione del rischio del 33% porta il suo rischio allo 0,6%. Queste cifre evidenziano la necessità di soppesare la probabilità del beneficio con i possibili effetti avversi.
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