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Lo screening del cancro prostatico |
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pag 5
Ressa: A questo proposito, dicci succintamente, prima di trarre le conclusioni, i risultati degli studi più importanti
Rossi: Come abbiamo più volte ripetuto, per essere attuato su larga scala, un programma di screening oncologico deve aver dimostrato, in studi clinici randomizzati e controllati, di ridurre la mortalità e inoltre di avere un rapporto rischi/benefici favorevole. Purtroppo finora non ci sono prove, derivanti da questo tipo di studi, che lo screening del cancro prostatico mediante PSA sia in grado di ridurre la mortalità. Negli USA lo screening con PSA è ampiamente diffuso da più di un decennio. Questo ha portato ad un drastico aumento dei casi diagnosticati (fino a circa 10 volte) e delle prostatectomie, ma non ad una riduzione sostanziale della mortalità specifica [2]. Secondo il National Cancer Institute la mortalità da cancro prostatico non è cambiata negli ultimi 50 anni: era di 21,6/100.000 abitanti nel 1950 ed è stata di 22,5/100.000 abitanti nel 1997 (National Cancer Institute, SEER. Cancer Statistics Review 1973-1997. Summary of change in cancer incidence and mortality 1950-1997 and five-years relative survival rate, 1950-1996). Per contro nel Regno Unito lo screening con PSA non è una prassi di routine, eppure la mortalità da cancro prostatico è simile a quella americana. In Svezia, dove si screena raramente e si pratica poco la prostatectomia (di solito i pazienti vengono trattati con attesa vigile e successiva ormonoterapia), la mortalità da cancro prostatico si è ridotta dal 1993 al 1996, nonostante gli interventi curativi siano diminuiti di cinque volte [3]. Vi è un solo studio, pubblicato da ricercatori canadesi [4], che suggerisce l'efficacia dello screening nel ridurre la mortalità. Tuttavia lo studio è stato aspramente criticato perché solo il 23,1% dei soggetti invitati allo screening aveva risposto, mentre quelli che non avevano risposto erano stati inseriti nel gruppo non screenato. In tal modo si è creato un evidente bias di selezione per cui i due gruppi (screenati e no) non erano paragonali. Inoltre quasi 1000 pazienti del gruppo screenato originariamente facevano parte del gruppo controllo. Rianalizzando i dati secondo "l'intention to screen" la riduzione della mortalità nel gruppo screenato scompariva.
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