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Dislipidemie |
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Ressa: La logica terapeutica per il paziente citato non mi convince assolutamente e mi da' l'idea che si curino i parametri ematici e non la persona. E' come se in una gloriosa Fiat 500 facessi salire 8 persone e poi mi accanissi a tenere gli indicatori di pressione dell'olio, acqua, liquido freni, negli intervalli giusti con opportuni rabbocchi. Tu credi che per il solo fatto che le lancette segnino dei valori normali il motore farà molta strada? Io credo che farà il botto all'improvviso senza preavviso. Così l'obeso pletorico, deve dimagrire e basta con tutti i mezzi possibili anche farmacologici, ci si da' un arco di tempo medio nel quale presumibilmente il paziente non schiatterà e si pigia l'acceleratore su questo obiettivo. Viceversa il paziente si illuderà che avendo tutti i parametri normali il rischio sarà zero. E' solo la mia opinione.
Bolognesi: Anche questa è un’opinione parzialmente condivisibile e comunque rispettabile, ma le cosiddette Linee Guida ci obbligano a comportarci spesso diversamente dalle nostre credenze e costrutti personali, i quali in modo arbitrario possono determinare lacune nella terapia. L'articolo è stato appositamente descritto per questo fine e per chi ritiene di seguire queste Linee Guida , come per l'appunto quelle fornite dallo studio scientifico più serio che ci sia, ossia il NCEP_ATP III (JAMA. 2001;285:2486-2497) e tutta l’altra bibliografia qui sotto riportata , a cui si riferisce per intero il caso clinico, per capire cosa sono realmente e come si dovrebbero trattare le dislipidemie aterogene, a prescindere dalle personali convinzioni. Mi sembrava chiaro il senso e lo spirito dell’articolo e quindi superflua questa ulteriore precisazione, ma, visto che sono stato tirato per i capelli in questa discussione, colgo l’occasione per ribadire che i molteplici fattori di rischio che sono presenti in un individuo (quindi ad alto rischio cardiovascolare) devono essere combattuti strenuamente, usando tutte le armi in nostro possesso, quando siamo convinti che il nostro dotto intervento sia di assoluta efficacia e utilità, sia riguardo la salute individuale ma soprattutto per il bene sociale. Io credo fermamente nella possibilità di influenzare positivamente il decorso di certe malattie attraverso il nostro dotto e ponderato intervento, perché credo fortemente a quello che faccio, ma senza per questo vivere un delirio di onnipotenza.
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