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Asma
Inserito il 24 febbraio 2006 alle 09:57:00 da R. Rossi. | stampa in pdf | Commenta questo capitolo | Consulta il tutorial pdf su come navigare il manuale al meglio
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Rossi:
Se si pensa che altri fattori contribuiscano o si associno all’asma: test allergologici in vivo e in vitro, esame del secreto nasale (eosinifili nasali), rinoscopia (polipi nasali), valutazione del reflusso gastro-esofageo. I test allergologici in vivo (prick test) si eseguono dapprima con una serie standard di allergeni e, inseguito, anche basandosi sull’anamnesi, si ricercano altri allergeni. I test in vitro sono essenzialemnte il PRIST e il RAST. Il primo è il dosaggio delle IgE sieriche totali ed ha un valore relativo perchè il livello di IgE totali è poco correlato con la gravità dei sintomi, inoltre IgE elevate possono aversi anche in patologie non allergiche (per esempio parassitosi intestinali o malattie linfoproliferative). Il RAST è il dosaggio delle IgE specifiche: va usato se i test cutanei offrono un risultato dubbio oppure se vi è una grave dermatite che rende difficile l’interpretazione del prick test.

Ressa:
Rimarco l’importanza della gerarchia riportata: storia clinica, test cutanei e poi plasmatici, ma è la clinica che conta perché se risultano diverse positività sono i sintomi che indirizzano sulla allergia “trainante”.

Rossi:
In alcuni casi bisogna ricorrere alla consulenza specialistica:
1. se la diagnosi è incerta
2. se si valuta l'opportunità di una immunoterapia
3. se il paziente non risponde ad una terapia appropriata in 3-6 mesi
4. se il paziente presenta un asma grave persistente o che ha richiesto l'uso di steroidi orali per più di due volte in un anno
5. bambini < 3 anni
6. pazienti con problemi psichiatrici, sociali o familiari che interferiscono con la terapia antiasmatica.

Ressa:
Passiamo alla gestione pratica della malattia.

Rossi:
Le linee guida enfatizzano molto il monitoraggio del paziente e il self management. In particolare si consiglia di fornire al paziente dei consigli scritti (gli anglosassoni lo chiamano "Asthma action plan") su come aggiustare le dosi dei farmaci se il PEF dovesse peggiorare o come comportarsi in caso di accesso asmatico. Sembra che questi ausili riducano gli accessi al PS e le ospedalizzazioni e forse la mortalità per asma. Per la verità le stesse linee guida ammettono che le evidenze per questo tipo di approccio sono in parte inconclusive. In particolare sembra che raddoppiare la dose dello steroide inalatorio se il paziente assume già regolarmente la terapia di mantenimento non serva a ridurre le riacutizzazioni [15]. Tuttavia mi pare che la raccomandazione di educare il paziente, fornirgli consigli scritti sull'autogestione e sulla misurazione costante del PEF (un po' come il diabetico si autocontrolla la glicemia e l'iperteso la pressione) possa essere fatta nostra. Spesso infatti, e penso che l'esperienza lo confermi, gli accessi asmatici più gravi si hanno in pazienti che non seguono le terapie prescritte, le smettono quando stanno bene, non sanno riconoscere i primi segni di peggioramento, non hanno consigli scritti su cosa fare, quando rivolgersi al medico o direttamente al PS.

Ressa:
Confermo e sottoscrivo.
 
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