Rossi: Nell'ernia del disco si può prendere in considerazione l'intervento chirurgico quando vi è un deficit motorio oppure una sintomatologia di tipo radicolitico che si protraggono oltre i 30-40 giorni. Tuttavia non sempre l'intervento migliora la situazione e non raramente (10-40% dei casi) vediamo pazienti operati che vanno, in seguito, incontro a recidive e cronicizzazioni. In questi casi è stato ipotizzato che il dolore possa dipendere da aderenze cicatriziali post-chirurgiche che comprimono la radice nervosa; in taluni casi le tecniche di imaging radiologico mostrano un'ernia recidiva. Gli autori anglosassoni parlano di "failed back surgery syndrome" .
Ressa: In alcune statistiche il 50% degli operati dopo 5 anni ha un nuova ernia, per questo io dico al paziente che l’operazione è una “amputazione”, non cura nulla e che se egli non mette in opera il suddetto potenziamento muscolare “che le sosterrà la colonna” ci si rivedrà presto con una recidiva. “Che facciamo, togliamo un’ernia dietro l’altra? Alla fine camminerà come se avesse ingoiato una scopa, le va bene?”. Molti vanno in piscina a fare dorso o stile libero oppure in palestra per un sano corpo libero.
Rossi: Nel trattamento dell'ernia discale sintomatica è stata proposta anche l'infiltrazione epidurale di steroidi. Sembra meno efficace della discectomia nel ridurre sintomi e disabilità dovuti a cospicua ernia del disco lombare [5]. Tuttavia le infiltrazioni possono avere un loro ruolo: si sono dimostrate efficaci in circa la metà dei pazienti che non avevano beneficiato del trattamento non invasivo per almeno 6 settimane. I pazienti che non traggono beneficio neppure dall'infiltrazione possono essere avviati alla discectomia con la certezza che il ritardo nell'espletare l'intervento non comporta comunque esiti peggiori.