Rossi: Le complicanze principali sono le ulcerazioni, le emorragie, le stenosi esofagee cicatriziali e l'esofago di Barrett. Il trattamento prolungato con PPI ha lo scopo principale, oltre che quello di combattere i sintomi, di ridurre o prevenire l'instaurarsi di queste complicanze. Per quanto riguarda l'esofago di Barrett rimando al capitolo sul follow-up delle malattie gastro-enterologiche. Ricordo soltanto che questa condizione viene considerata a rischio evolutivo di cancro esofageo per cui le linee guida consigliano un monitoraggio frequente. In realtà le cose non sono semplici.
Ressa: Ti pareva che non contestassi anche il Barrett!
Rossi: Calma. Lasciami almeno citare alcuni studi. Per esempio secondo uno studio non sarebbe il Barrett ad aumentare il rischio di cancro esofageo ma il reflusso stesso [7]. Un altro studio ha dimostrato che il Barrett è altrettanto frequente nei soggetti con GERD che in quelli asintomatici senza GERD [8]. E' probabile che la relazione RGE e Barrett sia sopravvalutata semplicemente perché la gastroscopia la fanno solo a chi ha sintomi. Che poi il Barrett sia una lesione precancerosa e che bisogna attentamente monitorare lo dicono a gran voce tutte le linee guida specialistiche. Ma ci sono dei rompiscatole che cantano fuori dal coro e che mettono in discussione che la sorveglianza stretta nel Barrett sia necessaria perché l'evoluzione verso la neoplasia è rara, specialmente se il tratto di esofago interessato non supera i 3 cm e se non c'è displasia severa [9] .In uno studio [21] si è visto che la maggior parte dei pazienti con Barrett muore per cause diversa dal cancro esofageo: su 143 Barrett sottoposti a sorveglianza endoscopica 5 svilupparono un adenocarcinoma ma solo uno venne svelato grazie alla sorveglianza; per contro su altri 266 casi di Barrett non sottoposti a sorveglianza endoscopica solo uno morì di cancro dell'esofago e ben 103 per altre cause. Gli autori di questo studio concludono che la sorveglianza può essere appropriata nei pazienti che oltre al Barrett hanno anche altri fattori di rischio come la presenza di ulcerazioni, stenosi, oppure un segmento di esofago interessato superiore a 8 cm. Non esistono neppure prove forti che il trattamento antisecretivo continuo, nell'esofago di Barrett, riduca il rischio di progressione [12].