Rossi: Si, in alcuni casi l'ispezione mostra gavoccioli emorroidari esterni gonfi ed edematosi, talora francamente duri (in caso di trombizzazione), dolenti. Oltre al dolore vi può essere sanguinamento spontaneo o durante la defecazione. In altri casi le emorroidi (interne o esterne) provocano sintomi meno importanti (dolore e/o prurito) o possono essere del tutto asintomatiche; quelle interne non sono visibili con la semplice ispezione ma possono essere rilevate dal proctologo durante l'ano-rettoscopia.
Ressa: Come si curano le emorroidi? E' sempre necessario ricorrere all'intervento chirurgico?
Rossi: Ovviamente no, dipende dal tipo di emorroide e dalla gravità del quadro clinico. La terapia della crisi emorroidaria acuta si basa sul riposo, sui semicupi freddi o applicazione di borse di ghiaccio, pomate anestetiche e sull'uso di farmaci flebotropi a dosi elevate, anche se manca una loro reale dimostrazione di efficacia. In caso di emorroidi trombizzate alcuni usano eparinoidi; se si riesce a ridurre l'emorroide trombizzata e prolassata spesso il paziente avverte subito un notevole miglioramento del dolore; in alcuni casi è necessario inviare al proctologo che con una piccola incisione fa uscire il trombo (trombectomia). Per le emorroidi di 1°-2° grado si può ricorrere alla legatura elastica (di solito sono necessarie 3-5 legature da effettuare a distanza di 15 giorni una dall'altra) oppure alla fotocoagulazione a raggi infrarossi nel caso di emorroidi piccole o che non possono essere legate. Nel caso di emorroidi di 3°-4° grado generalmente si ricorre alla emorroidectomia. Oggi l'intervento viene effettuato con la tecnica messa a punto da Longo che usa una suturatrice automatica, permette un ricovero breve e un pronto recupero della funzionalità anorettale. La tecnica classica secondo Milligan-Morgan è più indaginosa e meno gradita al paziente perché le ferite chirurgiche vengono lasciate aperte fino a guarigione.