Rossi: La PTI viene distinta in acuta e cronica. La forma acuta di solito dura fino a 6 mesi, colpisce prevalentemente i bambini, è preceduta da un episodio infettivo e guarisce spontaneamente. La forma cronica (nota anche con il nome di morbo di Wherlhof) tende a colpire soggetti con meno di 40 anni nel 90% dei casi e di preferenza donne. La PTI non comporta splenomegalia per cui se si trova una milza ingrossata si deve pensare ad altre cause.
Ressa: Le tue precisazioni sono perfette, aggiungerei di tranquillizzare i genitori di piccoli con piastrinopenie post infettive, ho visto casi di bambini reclusi a casa “perchè a scuola un trauma potrebbe farla sanguinare”, neanche fossero emofilici! Come si tratta la PTI?
Rossi: Anzitutto le linee guida consigliano di non iniziare il trattamento per valori di piastrine > 30.000, a meno che non esistano sintomi emorragici. Se il paziente deve però sottoporsi a intervento chirurgico si inizia il trattamento anche per valori superiori fino ad arrivare almeno a 50.000. La terapia di prima scelta è il prednisone alla dose iniziale di 1-2 mg/kg/die per 8 giorni, scalando poi la dose in 30-60 giorni. Generalmente è necessario proseguire con una dose di mantenimento in modo da mantenere le piastrine a livelli superiori alle 30.000. Se coesistono gravi sintomi emorragici il paziente va ricoverato e alla terapia steroidea si associano immunoglobuline per via endovenosa e acido tranexamico. Nel caso la terapia steroidea non riuscisse a controllare la malattia (vale a dire se dopo sei mesi è necessario ancora usare lo steroide ) si deve prendere in considerazione la splenectomia che garantisce risultati buoni (conta piastrinica > 30.000) in una percentuale elevata dei casi (circa 65-70%). Prima di procedere all'intervento è opportuno cercare di portare le piastrine > 50.000 con steroidi e immunoglobuline e vaccinare il paziente contro meningococco, pneumococco ed emofilo.